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03 settembre 2020 - mangiamonaturalmente

Il Network Marketing in ambito nutrizionale, può funzionare?

Negli ultimi anni il network marketing ha preso sempre più piede e si è diffuso in vari settori: dai capi di abbigliamento ai viaggi, dai piccoli e grandi elettrodomestici ai pannelli fotovoltaici, fino ad arrivare a cosmetici ed integratori alimentari. Escludendo quei fenomeni di vendita piramidale, che la legge italiana vieta e sanziona (è importante ricordarlo), molte delle aziende interessate sono serie e basano il loro business sul fatto che i venditori sono prima di tutto consumatori e per questo sono in grado di consigliare altri potenziali consumatori.

Questo meccanismo può funzionare in un ambito sanitario, come quello nutrizionale?

Per capirlo dobbiamo comprendere prima cos’è, ad oggi, la scienza della nutrizione umana. Nel corso degli ultimi decenni si è passati da un approccio QUANTITATIVO (basato su calorie e, tutt’al più, ripartizione dei macronutrienti) ad uno QUALITATIVO. In questo e più moderno tipo di approccio, le interazioni complesse che ci sono fra i cibi, l’ordine in cui vengono consumate le pietanze o il momento della giornata in cui mangiamo, prevalgono sulle quantità (che certo conservano un ruolo), come pure la provenienza delle materie prime, la loro stagionalità, gli additivi usati in fase produttiva e di preparazione non possono non essere considerati. Alla stessa maniera si deve tenere conto dei metodi di cottura e conservazione dei cibi. Pur avendo ben chiare tutte queste cose, ancora nulla abbiamo ancora detto del rapporto fra i nutrienti e i nostri organi, apparati e sistemi. Un ulteriore universo si apre quando ci affacciamo al rapporto fra i vari distretti del nostro organismo ed il microbiota (ovvero la popolazione di batteri, funghi, virus e altri microorganismi, che popolano abitualmente tutto il nostro corpo): una realtà scientifica in continua ed impetuosa evoluzione.

È ben chiaro, a questo punto, che una “dieta” non può essere una semplice lista di cibi e, anche se spesso agli occhi del profano appare così, in realtà deve tenere conto di tutto questo, oltre che delle condizioni generali di salute della persona e dei suoi esami (ematochimici o di altra natura).

Dall’altra parte è cambiato anche il modo di misurare i risultati: tanta strada si è fatta da quando ci bastava sapere il rapporto tra peso e altezza. Adesso abbiamo a disposizione strumenti come la bioimpedenziometria, che ci permettono di valutare la massa magra, la massa grassa, il grado di idratazione, la composizione corporea in termini di minerali, il grado di allenamento e lo stato nutrizionale, o come l’adipometro (un vero e proprio ecografo) che ha surclassato il vecchio plicometro, e può farci valutare non solo lo spessore dei tessuti (adiposo e muscolare), ma anche la loro attività metabolica e, in alcuni casi, lo stato infiammatorio. Strumenti ancora più recenti hanno aperto la strada alla valutazione, ma anche alla correzione, del rapporto fra sistema nervoso simpatico e parasimpatico.

Quindi, a mio parere, la domanda che dovrebbe essere posta non è se il network marketing possa o meno funzionare in ambito nutrizionale, ma se un consumatore (il networker) sia o meno in grado di valutare tutte queste variabili ed incidere in maniera corretta per migliorare lo stato di salute di una persona. Io credo proprio di no, perché l’esperienza come consumatore non può essere nemmeno lontanamente pari a quella acquisita da un professionista nell’arco dei propri studi accademici e della formazione continua e si rischia di trasformare una persona sana, magari con qualche chilo di troppo, in un individuo malato, anche se con un peso inferiore (magari deperito e non dimagrito).

Deve essere chiaro che i cibi e gli integratori, se usati male, possono avere effetti negativi: possono interagire con i farmaci (basta pensare all’iperico, al pompelmo o al riso rosso fermentato), possono aggravare una condizione clinica preesistente (ad esempio variazioni inadeguate del pH delle urine può causare coliche renali) o aggravare lo squilibrio della flora batterica, dando campo libero anche a potenziali patogeni (cibi, prebiotici e probiotici, i c.d. fermenti lattici, hanno effetti diversi e non possono essere usati indifferentemente).

D’altro canto se siamo d’accordo con il fatto che cibo ed integratori alimentari possono influire sulla nostra salute, dobbiamo avere lo stesso atteggiamento che abbiamo con i farmaci: un principio attivo può essere risolutivo o fatale, a seconda della persona che lo assume e delle sue condizioni, per questo ci affidiamo a Medici e Farmacisti per scegliere il farmaco più adatto e non assumiamo (o almeno non dovremmo) “quello che ha fatto tanto bene alla zia Maria”; alla stessa maniera, per farci elaborare la dieta ottimale o consigliare un integratore alimentare dovremmo rivolgerci non al signor Mario (magari ottimo ragioniere), ma ad un Biologo Nutrizionista, a un Dietista o a un Medico (o ad un Farmacista, per gli integratori).

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