30 settembre 2020 - mangiamonaturalmente
Chi pensa che la Vitamina D serva solo per “fare le ossa forti” (ovvero a fissare il calcio) alzi la mano… chi ha alzato la mano ha sicuramente ragione, ma trascura altri ruoli cruciali di questo ormone (pleiotropico, per gli addetti ai lavori). Tanto è importante questa sostanza, che il nostro corpo non si accontenta di doverla assumere dai cibi (come latte e derivati, uova, pesci grassi, broccoli, funghi, ecc.), ma nel corso dell’evoluzione, ha imparato a produrla da solo, con l’esposizione al sole. In genere 15/20 minuti al giorno, con braccia e viso scoperti, ci assicurano un adeguato apporto di vitamina D.
Tuttavia molti di noi sono carenti, spesso senza nemmeno saperlo, perché il dosaggio ematico della vitamina D viene riservato solo alle donne in menopausa (che poi è come chiudere la stalla quando ormai sono usciti i buoi), invece tali carenze si riscontrano spesso anche in giovane età. I motivi sono da ricercarsi in una vita che, per motivi di lavoro o studio, è sempre più al chiuso, nell’abitudine di svolgere attività fisica prevalentemente in palestre e centri fitness, piuttosto che nei parchi, nell’uso di filtri solari, non solo per limitare i danni del sole in estate, ma persino nei cosmetici che, prevalentemente, le donne usano d’inverno (quando certo non si rischiano ustioni) e ultimo, ma non per importanza, in mutazioni o caratteristiche genetiche che ne limitano la sintesi o l’utilizzo.
In tutti questi casi è raccomandata una dieta ricca di questa sostanza e, laddove questo non sia sufficiente, anche un’integrazione. Per assumere correttamente questo genere di integratori è bene sapere che la vitamina D è liposolubile (cioè si scioglie nei grassi), quindi, a meno che l’integratore non sia già un olio, è bene abbinarlo ad un pasto con un’adeguata quantità di lipidi, per lo stesso motivo, soprattutto in fase di dimagrimento, è consigliabile un’assunzione quotidiana, rispetto ad una mensile: oltretutto il dosaggio quotidiano è più simile alla produzione fisiologica, che non è sicuramente discontinua.
Purtroppo sul dosaggio spesso le idee sono confuse e molti tendono a sottodosare, non riuscendo così ad ottenere risultati adeguati in tempi soddisfacenti; le schede tecniche di farmaci ed integratori a base di vitamina D prevedono da 1000 a 2000 UI (Unità Internazionali), ovvero 30-60000 al mese, per la PREVENZIONE (cioè chi ha un dosaggio ematico normale, ma per i più vari motivi, è a rischio di carenza). Per chi invece è CARENTE il dosaggio quotidiano prescritto va da 5000 a 10000 UI, ovvero da 150-300000 al mese. In realtà, per motivi a me sconosciuti, mediamente alle persone adulte con carenze anche gravi, vengono prescritti dosaggi pediatrici (da 400 a 800 UI/die) e raramente più di 30-50000 UI/mese, il che non permette certo di colmare i loro deficit.
Queste “consuetudini” fanno sì che spessissimo le donne arrivino in età avanzata con ossa estremamente fragili (causa di fratture non traumatiche). Il che sarebbe il minimo, se non fosse che la carenza di vitamina D è stata collegata ad una maggiore incidenza di patologie psiocologiche, psichiatriche, cardiovascolari, auntoimmuni, infiammatorie (anche intestinali) e ad una minore efficienza del sistema immunitario in generale.
A questo si lega un recentissimo studio che mette in correlazione i livelli ematici di vitamina D con l’infezione da SARS-CoV-2, sia come frequenza, che come gravità dei sintomi e mortalità del COVID-19: dei circa duecentomila pazienti coinvolti, solo quelli con un dosaggio ematico almeno pari a 55 ng/ml risultano avere un minore rischio (ricordo che per non essere carenti o insufficienti sono sufficienti 30 ng/ml).
Insomma, abbiamo a disposizione uno strumento di prevenzione semplice da usare (gocce o compresse), economico (esistono integratori che garantisco un dosaggio eccellente con una spesa inferiore a €0.25 al giorno) e privo di rischi se assunto correttamente… basterebbe utilizzarlo bene, anche solo nell’attesa di soluzioni migliori, che non sono certo proprio dietro l’angolo!
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